La rincorsa delle istituzioni a Instagram — Parte 2
Più di tre anni fa ho scritto questa riflessione sull’uso di Instagram per le istituzioni. In Italia c’erano i bianco&neri di Nomfup su Renzi, a livello globale Obama era il leader più seguito, Medio Oriente e Asia facevano giù numeri importanti. Trump era ancora lontano. La Santanchè non credo avesse ancora un account IG.
Soprattutto, mentre nel 2016 scrivevo quel pezzo, non avrei mai immaginato che qualche anno dopo mi sarei trovata a lavorare sui canali social di un Ministero.
Ma torniamo al punto. Nel 2016 non c’erano stickers, gif e sondaggi ma da quel momento la rincorsa della politica alle immagini migliori da postare non si è mai fermata, semmai è aumentata. Per questo ho deciso di fare un aggiornamento di quel post, per provare a vedere cosa e come è cambiato. Se riesco ad essere costante potrei farlo anche tra tre anni, se Instagram ci sarà ancora. Mi metto un alert sull’iphone.
—
Dunque, cosa è cambiato?
I reali inglesi continuano a funzionare ma i principi cool non sono più William e Kate ma Harry e Meghan. Quando i Sussex Royals hanno aperto l’account Instagram hanno battuto ogni record acquisendo il maggior numero di followers in minor tempo: 1 milione in un’ora e 45 minuti.
Un record valido fino a qualche giorno fa, quando sul canale è approdata improvvisamente Jennifer Aniston (ci mancavi Rachel!)
L’ecosistema social della famiglia reale inglese è ricchissimo, ma l’hype intorno al figlio più simpatico di Lady Diana è cresciuto vertiginosamente, offline e online, per la relazione con l’americana Meghan, il matrimonio e la nascita di Archie. Il piccolo George ancora si difende ma, in quanto a numeri, con 9,7 milioni di followers duca e duchessa del Sussex stanno per superare l’account dei cognati (Kensington Palace ne ha 10,2 M).
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nonostante Trump, dal 2016 Barack Obama rimane il “Presidente” a stelle e strisce con più followers (ca 25 milioni). Una presenza digitale ormai consolidata, che non vuole stupire più di tanto. Ma al di là della Casa Bianca, che su Instagram, a parte per l’arredamento natalizio presentato dalla First Lady, non è così interessante (ndr il social preferito di Donald Trump è Twitter, lo spiegavo qua), i fruitori più incisivi oggi sono i nuovi Dem come Alexandra Ocasio Cortez, Beto O’ Rourke e Elisabeth Warren.
Di AOC ormai ci siamo innamorati tutti e tutte: nelle IG Stories ci ha fatto emozionare quando è stata eletta, ci ha portato alla scoperta del Congresso attraverso gli occhi di una trentenne, ha risposto con un balletto alle critiche dei suoi oppositori e ci racconta come sopravvivere ad un lavoro stressante. Perchè come noi, anche lei è una giovane donna in cerca di pace. Per questo ci racconta di come pratichi mindfulness o curi il giardino per rilassarsi. Si è superata quando in poche Stories è riuscita a passare dal raccontare la sua skincare e al consigliare un libro su come scrivere un discorso politico.
Per politica, diplomazia e giornalismo Twitter rimane il canale istituzionale per eccellenza, per comunicare velocemente senza passare per le agenzie. Ma è su Instagram che specialmente all’estero la comunicazione politica ha trovato un nuovo mezzo per raccontare il backstage, come sta succedendo nella corsa alle prossime elezioni USA.
Sono molti e di tutte le età i candidati alle presidenziali americane del 2020 ad essere saltati sul carro di Instagram per intercettare i più giovani.
Secondo un report del Congressional Research Service i membri della House of Representatives ad usare Instagram sono aumentati più che in ogni altro canale: dal 25% nel 2015, al 50% nel 2018.
Tra questi, il texano Beto O’ Rourke, che fece parlare di se per la Story registrata mentre si sottoponeva alla pulizia dei denti.
Una diapositiva:
Personalmente la ritengo una scelta di personal branding discutibile ma se aveva come obiettivo finire sulla bocca di tutti è riuscita. In ogni caso, riassume la possibilità concessa ai politici: se con un tweet rispondono alla polemica dell’avversario, su Instagram creano un legame con gli elettori ancora più stretto che su Facebook, ormai molto istituzionale (ndr anche meno, Beto)
Last but not least, il più nerd, il primo candidato di origini asiatiche della storia degli Stati Uniti: Andrew Yang. Imprenditore, filantropo e politico. Yang ha tanto da raccontare e sceglie di comunicare su più piattaforme possibili. Praticamente ovunque, anche su Quora.
Riceve endorsement di un certo livello
Non penso sia nella shortlist dei favoriti alle elezioni 2020 (lo chiederemo a Francesco Costa), ma è il mio preferito.
E l’Italia?
Nel 2016 citavo Renzi e Nomfup. Oggi non saprei da chi iniziare. Forse dal più virtuoso: Beppe Sala.
Vivo a Roma e non vado spesso a Milano, ma quando vado pago il bus con un sms (quindi per me ha già vinto, visto che sono abituata ad Atac).
Oltre a questo e poco altro, non posso dire di conoscere la città. Eppure l’account Instagram del suo sindaco mi fa venire voglia di andarci e informarmi sulle novità legate all'amministrazione anche se non mi “servono”.
Sa come trasmettere la propria personalità, l’amore per il proprio lavoro e per Milano. Una formula fatta di vicinanza con i cittadini e autorevolezza, che non sarebbe possibile online se queste non fossero caratteristiche anche offline. Forse potrebbe iniziare ad usare le stories, come Lia Quartapelle. La deputata PD fa parte della Commissione Esteri e su IG racconta quotidianamente i principali fatti di politica estera e la sua attivita in Parlamento, cercando spesso il confronto con i propri follower.
Veniamo ai big. Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Nicola Zingaretti — li metto in ordine di follower -, hanno integrato Instagram nella propria comunicazione ma il dialogo con gli utenti è sempre limitato.
Tutti vogliono andare in diretta, mostrare la folla ma pochi riescono ad usare le potenzialità di questo strumento creando contenuti ad hoc, nati per Instagram, e sviluppando un vero legame digitale (se avete spunti, esempi, sono più che contenta di leggerli nei commenti). Le strette di mano avvengono solo offline con un pubblico già conquistato, quello dei comizi e dei selfie. Ma a me che sto guardando la tua Storia, cosa interessa che stai salutando la pensionata di Acitrullo? sarò io, ma dopo un po’ mi stufo di vedere le stesse cose che vedo su Facebook o al telegiornale. Si può andare oltre, perché le vie di Instagram come quelle del Signore sono infinite. E dobbiamo rendercene conto prima che TikTok si mangi le IG Stories.
Nessuno ha il coraggio di rispondere alle domande in diretta, o banalmente dimostrare le proprie emozioni (con i dovuti filtri) o un pizzico di ironia in più.
Prendete ad esempio l’autorevole Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, che affrontó così un tema caldo come la Brexit:
I formati da utilizzare possono essere molteplici, anche meno rischiosi, ma la paura verso i media digitali è spesso troppo forte. In Italia, i passi di politici e istituzioni sono troppo corti e lenti rispetto alla velocità con cui si evolvono i social media. Quelli che dai leader vengono proclamati sui palchi quali strumenti del futuro, il mondo digitale, i giovani connessi, sono ancora lontani da loro. Non serve solo mostrare, è necessario informare incentivando l’interazione, non solo il like.
La grande amante dei ‘selfie’ e candidata dem Elisabeth Warren (qui una ricostruzione di come funziona la sua “selfie line”) per condividere con i fan un momento di relax non pubblica la foto di una birra sul tavolo, fa un passaggio in più: se la beve mentre fa una diretta Q&A su Instagram!
Dalla foto postata, al video nelle stories. Dalla staticità al movimento.
Ma quanto dureranno le Stories?
Una delle poche regole auree dei social media che condivido è che appena gli under 20 (anno più anno meno) se ne vanno da un canale, per quel canale inizia un declino che lo obbligherà a cambiare. Quest’anno il mio profilo Facebook compie 10 anni e devo dire che li sente tutti. Ho avuto la fortuna di godere di questo strumento quando era ancora una fucina di idee e passioni che portava a conoscere e collaborare con persone lontane. Ora mi tengo buoni quei pochi contatti che ancora mi incuriosiscono ma credo che la mia media di post annuale sia 2.
Facebook non è morto, funzionano altre cose, come i gruppi e i video su Facebook Watch. Le persone hanno sentito il bisogno di tracciare un limite ad un mare infinito di post che non interessavano loro e hanno iniziato a settorializzare i temi preferiti.
In un luogo dove tutti vogliono vendere, sceglierai sempre il contenuto divertente e/o rilassante e il prodotto che tra tutti si è distinto.
Inevitabilmente la stessa cosa succederà su Instagram, dove sono arrivate le nostre mamme, i giovanissimi creano profili alternativi per non farsi scoprire dai genitori o scappano su TikTok (dando il meglio di se, bisogna dirlo).
Se ad esempio sarà TikTok la prossima frontiera su cui dovranno scontrarsi i politici, dovranno pensarci già da ora. Per arrivare preparati e plasmare la propria identità su un nuovo strumento che non è già più quello dei balletti e dei karaoke.
Basta andare a vedere lo strepitoso account TikTok del Washington Post per capire cosa significa fare brand recognition senza parlare del proprio prodotto.
Un tentativo che rende sicuramente onore a un’organizzazione che a 141 anni d’età ha il coraggio di tuffarsi in un mare navigato da under 20, dove aziende e istituzioni ancora latitano e non ci sono ancora – e per fortuna – regole di marketing come Facebook e Instagram.
Su TikTok regna sovrana la creatività, il tempo non esiste (l’app non ti dice quando è stato postato il video) e per una volta è lecito ed obbligo copiare.
Ora che gran parte dei social network sono diventati istituzionali, TikTok può aiutarci a riprendere in mano il loro lato divertente, dove non dobbiamo aver paura di sperimentare e accettare le sfide degli altri.
Aggiornamento 24/10/2019: da qualche giorno il WP ha iniziato ad invitare i candidati USA sul proprio canale TikTok.